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“La solitude ne m'est pas donnée, je la gagne.

Je suis conduit vers elle par un souci de beauté.

J'y veux me définir, délimiter mes contours,

 sortir de la confusion, m'ordonner.”

JEAN GENET

 

 

La Compagnia della Fortezza di Armando Punzo ha portato in scena a Roma il suo Santo Genet avvolgendoci nella suggestiva atmosfera del Giardino Ritrovato di Palazzo Venezia.                                                                                                      Marinai sinuosi ci accolgono all’ingresso e ci parlano e ci sorridono, cosparsi di fiori - alcuni - mentre un affascinante Armando Punzo ci introduce a quello che sarà il suo omaggio a Jean Genet.

In una scenografia di alti specchi, statue e un pianoforte ci aspettano poi tamburi di angeli che presto si confonderanno con il pubblico. Dal sepolcro di marmo bianco al bordello di Madama Irma l’obiettivo è sempre uno solo: il raggiungimento della più alta attitudine umana, la Santità - o di una Morte Santa - avendo come punto di partenza la Parola stessa per arrivare alla creazione sola della Bellezza. Essere meravigliosamente Santi - distaccati dalla realtà - persi in una finzione universale, appartenenti a una morte precedente all’essere vita.

Si attua un capovolgimento delle regole sociali, tutti i dinieghi diventano verità, il bordello diventa un palcoscenico di vite segrete, dove ognuno può diventare altro all’infuori di sé, attraverso la mera illusione. Gli stessi costumi di Emanuela Dell’Aglio sottolineano questo distacco dalla vita reale. Le voci, le urla diventano assordanti, a volte lontane e incomprensibili altre terribilmente vicine. I colori e gli elementi scenografici - di Armando Punzo, Alessandro Marzetti e Silvia Bertoni - sono forti e coinvolgenti e le musiche - di Andrea Salvatori - riempiono tempo, luoghi e animo.

Ogni morte è un suicidio e ogni criminale o marinaio è bellezza ricoperta di oro e di fiori. Lo sguardo degli attori è ambiguo - intrigante e suadente - catturano  gli occhi, ci prendono per mano e danzano. La messa in scena si scosta dalle realtà salde e definite  per andare verso direzioni ambigue e oniriche che - attraverso la proiezione nell’animo - si trasformano in verità senza concretezza alcuna, riflettendo la nostra parte interiore più nascosta.

 

Per maggiori informazioni sullo straordinario lavoro della Compagnia della Fortezza e di Armando Purzo clicca qui https://www.compagniadellafortezza.org/new/storia/cera-una-volta/

 

Marianna Zito



 

 

È in scena fino a domani 12 giugno il Bologninicosta Showcase al Teatro Testaccio di Roma.

Dopo il sold out romano dello scorso gennaio e i premi macedoni di Migliore Regia e Migliore Performance all’International Theatre Festival "Faces Without Masks" di Skopje,  ROMEOeGIULIO di Sofia Bolognini, ritorna affiancato da La Cattività, scritto e interpretato da Alessandra Cimino con Giorgia Narcisi, le musiche di Dario Costa e la regia di Sofia Bolognini.

La sala è buia e piccola, illuminata solo da due fari. Ci sentiamo quasi all’interno di un ingranaggio robotico o di un esperimento. Il pavimento è cosparso di tubi a rappresentare il cordone ombelicale, ovvero l’unione di due vite, di due donne: figlia e madre. I movimenti a scatti, il respiro affannoso e le urla delineano la fragilità, l’inquietudine e gli ostacoli di questo rapporto così profondo e radicato ma allo stesso tempo così conflittuale e corrosivo. Una ricerca interiore, un continuo ritrovarsi per poi riperdersi nuovamente: due corpi quasi spogli che in un piccolo spazio si toccano, si sovrappongono  quasi a diventare uno per poi allontanarsi violentemente mettendo a nudo una frustrazione continua, fino alla fine. Alle loro spalle un uomo - Dario Costa - a manovrare con delle macchine questo esperimento di resurrezione e di ricerca della bellezza nella catastrofe totale.

Un testo poetico e dall’interpretazione faticosa che cerca di sviscerare e denudare un dolore attraverso il movimento e la voce e che analizza la vita e la morte focalizzandosi sul rapporto puro e innato - interiore ed esteriore, di perdita e rinascita - che esiste tra l'essere figlia e l'essere madre.

 

A seguire ROMEOeGIULIO - regia della Bologninimusiche e direzione del coro di Dario Costa - con attori bravi e a pennello nei loro ruoli impegnativi - notevole Gianluca Paolisso nei panni di Madonna Montecchi - per uno spettacolo sempre in evoluzione e in continua crescita.                                                                                                                                                      La più famosa tragedia Shakespeariana ispira un testo che si scontra con la tanto discussa tematica omosessuale dei nostri giorni  in questo Paese oramai “violato e distrutto”. I movimenti dei personaggi sono veloci e decisi, compulsivi e ossessivi, e in perfetta armonia con le musiche, le parole e i suoni onomatopeici. Un testo che lega una tragedia classica a crude realtà attuali elegate ad episodi significativi sociali e politici.

I ragazzi di questa giovane compagnia sono coraggiosi e le loro parole sono un grido di libertà e di amore ma ancora di più uno schiaffo alla rassegnazione e alla vigliaccheria che caratterizza il perbenismo e “la buona coscienza" della nostra nazione.

Marianna Zito

 Cromatica

Personale dell’artista

Antonio Conte

 

Opening Venerdì 10 Giugno ore 19:00

 

Ex Officina dell’ Enel

via Speranzella 81

Quartieri Spagnoli

Napoli

 

 

 

L’arte di Antonio Conte ritorna nel cuore di Napoli con una mostra personale, “Cromatica”, a cura di Rita Alessandra Fusco.

La mostra sarà allestita nello spazio “Ex Officina Enel” in via Speranzella ai Quartieri Spagnoli 81 ed è presentata da “Teatro La giostra” e Dario Di Franco Art studio che hanno ospitato un ciclo di mostre, al suo interno.

L’arte espressionista e “popolare” - come ama definirsi lui -  di Conte viene ripresentata in questa nuova mostra con una nuova chiave di lettura, strettamente legata al colore che, così impetuoso e presente nelle opere dell’artista, diventa il principale protagonista.

L’urgenza del Hic et nunc, così predominante nella sua poetica artistica, continua il suo corso, soffermandosi però su alcuni particolari, strettamente legati all’uso del colore e al significato nascosto di ogni pennellata.

Il vernissage di benvenuto si terrà venerdì 10 giugno 2016, alle ore 19,00; la mostra, invece, durerà sino al 19 giugno.

 

 

 

Cromatica

Personale di Antonio Conte

a cura di Rita Alessandra Fusco

Venerdì 10 Giugno

Opening ore 19.00

Esposizione dal 10 al 19 Giugno

Ingresso Libero

 

“Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge”

Il primo w-end romano di Banksy ha attratto - ovviamente - turisti che arrivano da ogni dove, curiosi, appassionati e gruppi di scuole registrando dalla sua apertura - il 24 maggio - già un afflusso da record di visitatori.

Questo grande evento è ideato dalla Fondazione Terzo Pilastro - Italia e Mediterraneo che già in passato si era dedicata alla Street Art nella Capitale, attraverso il progetto di arte pubblica partecipata Big City Life per la riqualificazione urbana del quartiere popolare Tor Marancia.  La realizzazione avviene grazie alla collaborazione con collezionisti privati internazionali per la maggior parte anonimi e senza nessun contatto con l’artista stesso che, da sempre, rifiuta l’esposizione museale delle sue opere. È una mostra eccezionale perché è la prima volta che così tante opere del grande Bansky sono raccolte in un unico luogo e senza essere tolte dalla strada.

Guerra Capitalismo e Libertà sono temi molto cari allo street artist londinese e ci accompagneranno per le ampie sale di Palazzo Cipolla a Roma dove sarà possibile l’incontro ravvicinato con lavori realizzati in vari stili e su diversi materiali che ci faranno sorridere ironicamente ma allo stesso tempo ci faranno riflettere “mostrandoci e parlandoci” di ciò che avviene oggi nella società e nella politica di tutto il mondo: dalla striscia di Gaza, passando per Londra, a New York. E così via.             

                                                                                            

Le opere in mostra sono circa 150 (di cui 50 copertine di dischi) e comprendono tele, serigrafie, istallazioni alcune delle quali esposte al pubblico per la prima volta: troviamo le opere pop, i Grin Reaper, i raggelanti Family Target e Kids on Guns, varie versioni di Girl with ballon e non potevano mancare la Rat Room e la Monkey Room. I graffiti uniti allo stencil creano una linea personalizzata che  caratterizza questo artista e lo rende riconoscibile in ogni parte del mondo attuando una denuncia sociale, che guarda il mondo dalla parte dei più deboli e rifiuta di conformarsi con il progresso obbligato che viviamo quotidianamente.

Nei corridoi di Palazzo Cipolla leggiamo, inoltre, didascalie che ci raccontano le vicissitudini di questo artista anonimo ma allo stesso tempo conosciutissimo già a partire dalla fine degli anni Novanta, tanto da essere considerato oggi il maggior esponente della Street Art, nonché uno degli artisti contemporanei più ricercati.

Dato il gran numero di visitatori che si prevede sempre più in aumento, la Fondazione Terzo Pilastro ha deciso di estendere l’orario di apertura della mostra dalle 10 alle 21 e di annullare la chiusura settimanale del lunedì. Banksy sarà a Palazzo Cipolla di Roma fino al 4 settembre. Assolutamente da non perdere!

 

BIGLIETTI
Intero € 12,00
Ridotto € 8,00
valido per giovani fino a 26 anni, adulti oltre i 65 anni, forze dell’ordine e militari con tessera, studenti universitari con libretto, giornalisti con tessera, titolari di apposite convenzioni.

per ulteriori informazioni visitate il sito https://www.warcapitalismandliberty.org/

Marianna Zito

Oreste, il quinto degli otto spettacoli del progetto Santa Estasi - Atridi: otto ritratti di famiglia diretto da Antonio Latella, debutta al Teatro delle Passioni di Modena, dove sarà in scena fino a domenica 22 maggio.

Quello che ci si presenta dinanzi è un palcoscenico allestito solo con un tavolo e delle sedie disposte intorno, una panca, una piccola cucina e - in posizione centrale, una porta mobile dalla quale entrano ed escono gli attori. In fondo al palcoscenico - seduti tutti intorno ad un grande tavolo - ci sono gli stessi attori che faranno il loro ingresso in un secondo momento. Le luci illuminano principalmente la parte anteriore del palcoscenico - dove prende vita la tragedia - lasciando il fondo nella penombra.

Si comincia con Oreste, Elettra e Pilade impegnati nelle prove di una messa in scena. Mentre Oreste è in preda al delirio e si dimena per i dolori strazianti tra le braccia della sorella Elettra, irrompe sul palco il coro cantando una fastidiosa canzone allegra. Il delirio di Oreste ci rende partecipi dello stato di angoscia del protagonista afflitto per il crimine commesso, un processo necessario affinché egli maturi facendosi carico delle proprie responsabilità.

La rappresentazione dell’opera coinvolge man mano sempre di più il pubblico: Oreste chiama gli altri personaggi a stringersi in un fraterno abbraccio invitando una persona tra il pubblico ad unirsi a loro. Tutti, in questo modo, esprimono un senso di pace e fratellanza in quella che è la rappresentazione di una tragedia.

Da questo momento l’interazione tra gli attori e il pubblico sarà continua, gli spettatori saranno chiamati per recitare, anche solo con una interpretazione a gesti, infatti proprio uno di loro rivestirà il ruolo di colui che emette il giudizio di condanna per Oreste, espresso dal resto del pubblico nei panni dei cittadini di Argo.

Il tutto eseguito con una allegra comicità che scioglie la tensione del dramma, nonostante il verdetto finale. Anche gli omicidi che Oreste compie per vendetta -  poco prima della sua morte -  sono rappresentati con ironia e in modo originale: infatti, si scatena sul palco un festino tipico dei tempi moderni dove tutti gli attori ballano scatenandosi in preda ai vizi della lussuria. Nell’epilogo Oreste muore tra le braccia del suo fedele amico Pilade e la sua morte racchiude il senso tragico dell’andare incontro al proprio destino. Dunque, così si ritorna alla tragicità dell’opera.

Uno spettacolo unico per la bravura, la simpatia e l’originalità dei personaggi, assolutamente da non perdere!

Marianna Tota

E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto! …

Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio …

                                          - Giuseppe Ungaretti -

 

La fiorata scena di Morena Nastasi e le musiche dal vivo di Marco Russo creano un’atmosfera piacevole nella Sala Orfeo del Teatro dell’Orologio, trasmettendo subito un senso di gradevole accoglienza.

Giordana Morandini e Stefano Patti sono lì e - su di un’altalena - raccontano, con dialoghi forse troppo lunghi e a volte musicalmente sovrapposti - la loro storia di amore, i loro sogni di infanzia, le paure passate, presenti e future e la catastrofe. La catastrofe è quella cosa che ci capita un po’ a tutti e in tanti modi diversi che comprende sogni di pesci rossi, delusioni adolescenziali, perdita delle persone care e…esplosioni.

I due ragazzi, tra aneddoti divertenti ed episodi tristi, tragici e nostalgici - tenendosi per mano - attuano un percorso introspettivo che porta a galla tutte le domande e le ingiustizie che angosciano e logorano: perché da qualche parte una soluzione ci sarà se a tutto questo si riesce - in qualche modo -  a resistere, nonostante tutto il resto.

E tra canzoni piacevolmente rivisitate - tra cui Paolo Conte e De Andrè - cerchiamo anche noi di riflettere se saremo mai in grado di capire quale è il momento preciso in cui forse abbiamo una minima possibilità per evitarlo questo schianto, questa maledetta catastrofe!

T’amo ed è continuo schianto di Rosalinda Conti e con la regia di Matteo Ziglio sarà in scena al Teatro dell’Orologio di Roma fino a domenica 22 maggio.

 

Marianna Zito

Dopo un grande successo tra il pubblico, è tornata ieri al Teatro delle Muse di Roma l’ultima replica dello spettacolo scritto e diretto da Marco Vitiello: Io dico sule verità.

A portarlo in scena è la Compagnia Teatrale amatoriale Arte Povera  che da molti anni calca il territorio nazionale muovendosi su diversi generi italiani e non e su diverse epoche fino ad analizzare situazioni attuali con cui ci scontriamo quotidianamente. L’associazione vede i suoi natali a Napoli nel 2001 per poi spostarsi nel 2010 nella capitale senza però abbandonare o dimenticare le proprie origini.

In Io dico sule verità il teatro diventa il luogo di incontro di due figure molto lontane tra loro e che provengono da realtà differenti. Comincia così una fusione di episodi e di idee che vanno a toccare temi rilevanti quali la famiglia, la politica e l’omosessualità. Tanti personaggi con lavori, passioni e idee diversi ma con obiettivi ben precisi, con utopie in continua ricerca di conferma o semplicemente…di verità. L'amore che diventa - come sempre - un filo conduttore  e che porta a importanti situazioni di confronto e di riflessione tra le calorose risate della platea.

La stessa platea vede i personaggi sfilare davanti ad essa prima di salire su un palcoscenico allegramente colorato che accoglie più ambienti separati (o uniti) - all’occorrenza - da un secondo piccolo sipario dipinto. Vi troviamo simboli politici e oggetti appartenenti alla vita quotidiana o lavorativa che completano questa allegra Compagnia nell'obiettivo di regalare al pubblico momenti di buon umore e spensieratezza.

Marianna Zito

La Forma delle Cose (The Shape of Things) è una brillante commedia di Neil Labute - drammaturgo, regista e autore cinematografico dello Utah - che ruota intorno al cambiamento dettato dalle esigenze e persuasioni altrui: il cambiare senza più riconoscersi per poi ritrovarsi inevitabilmente persi e soli.

Un museo dove è esposto un David dalle parti intime coperte si apre davanti agli occhi del pubblico e qui nasce la storia trasgressiva tra Evelyn  e Adam  (un evidente richiamo ad Adamo ed Eva?) - interpretati da Manuela Zero e un rilevante Gianfranco Terrin  che andrà a intrecciarsi con quella di Jenny e Philip - interpretati da Angela Pepi e Stefano Moretti.                                                                                                                Gli attori si mescolano e dialogano con il pubblico rendendolo parte del tutto, mentre le scene cambiano in modo leggero e artistico e l’allestimento crea un effetto di armonia e curiosità grazie soprattutto all’uso di uno specchio che viene spostato in base alle necessità della scena stessa.

A tratti brillante, a tratti perso in dialoghi eccessivamente lunghi e tediosi e spesso risollevato dalla bravura di Terrin e dalle coinvolgenti colonne sonore, un Come Up and See Me (Theo Teatro & Blixa Bargeld)  che rimbomberà per giorni nella testa.

Con la regia di Francesco Piotti, lo spettacolo sarà in scena al Brancaccino di Roma fino a domenica 15 maggio

Marianna Zito

Journaliste : Nous sommes là dans l'hotel où est mort Oscar Wilde. Il y a au moins un rapport entre Oscar Wilde et vous, c'est le procès.

Je crois que vous êtes assez content depuis hier, parce que vous avez été acquitté. C'est exactement pour quelle raison, le procès ?

Giornalista : Siamo nell’hotel dove è morto Oscar Wilde. Esiste almeno un punto in comune tra Oscar Wilde e e lei, questo è il processo.

Credo che lei debba essere molto contento dopo la giornata di ieri, perché è stato assolto. Per quale motivo esattamente ha avuto luogo il processo ?

Pasolini :  J'ai été accusé d'obscénités, d'être, comme on dit dans le code italien, contre le sentiment de pudeur. Si j'avais été condamné, le film aurait été brûlé.

Pasolini : Sono stato accusato di oscenità, di essere, come si dice nel codice italiano, contro il sentimento del pudore. Se io fossi stato condannato, il film sarebbe stato bruciato.

Journaliste : Détruit ?

Giornalista : Distrutto ?

Pasolini : Brûlé, pas détruit, brûlé. Exactement comme au Moyen Age.

J'ai écrit le texte "Porcherie" avant le mouvement des étudiants, quand tout était en train de commencer.

De mon point de vue, c'est très différent quand j'ai écrit le film "Porcherie" de ce qu'il se passe maintenant.

Vous savez, dans le film c'est Anne Wiazemsky qui représente l'atypique, une jeune fille contestataire, avec les défauts et l'idéalisme et l'enthousiasme de sa position, de sa condition.

J'ai choisi l'Allemagne parce que l'Allemagne c'est une calamité. Tout dans mon film est constitué de calamité, le cannibalisme c'est une calamité, l'amour pour le porc c'est une calamité, etc etc.

Et aussi l'Allemagne! Mais l'objectif de ma polémique ce n'est pas l'Allemagne, c'est le rapport entre paléo capitalisme et le néo capitalisme.

Pasolini : Bruciato, non distrutto, bruciato. Esattamente come nel Medio Evo.

Ho scritto Porcile prima del movimento studentesco, quando tutto stava per cominciare.

Dal mio punto di vista è molto diverso quello che ho scritto in Porcile da ciò che sta succedendo adesso.

Come ben sapete, nel film è Anne Wiazemsky che rappresenta l’atipico, una giovane donna contestataria, con i difetti e l’idealismo e l’entusiasmo della sua posizione, della sua condizione.

Ho scelto la Germania perché la Germania è una calamità. Tutto nel moi film è costituito di calamità, il cannibalismo è una calamità, l’amore per il maiale è una calamità eccetera eccetera.

E anche la Germania! Ma l’oggetto della mia polemica è non è la Germania, ma il rapporto tra il paleocapitalismo e il neocapitalismo.

Journaliste : Et vous pensez que quand vous faites un film comme ça, ça a une valeur de film militant ou pas du tout ?

Giornalista : E lei pensa che quando fa un film come questo, questo è un film militante o no ?

Pasolini : Oui, c'est un film militant, parce que le problème de l'ancien capitalisme et du nouveau capitalisme, c'est un problème d'actualité. Mais la forme n'est pas militante.

Peut-être que les jeunes étudiants italiens n'aimeront pas le film, parce qu'il n'a pas l'air de la lutte pratique, de la lutte dans les barricades. La forme est très distanciée, très cristallisée.

Le message ou le sens du film, c'est que la société ne dévore pas seulement les fils désobéissants, comme Pierre Clémenti, mais aussi les fils qui ne sont ni désobéissants ni obéissants, c'est à dire mystérieux, anormaux, et indéchiffrables, comme Jean-Pierre Léaud.

Pasolini : Sì, è un film militante, perché il problema dell’antico capitalismo e del nuovo capitalismo, è un problema di attualità. Ma la forma non è militante.

È probabile che i giovani studenti italiani non ameranno molto il film, perché non ha l’aria della lotta pratica, della lotta nelle barricate. La forma è molto distanziata, molto cristallizzata.

Il messaggio o il senso del film, è che la società non divora solamente i giovani disobbedienti, come Pierre Clémenti, ma anche i giovani che non sono né disobbedienti né obbedienti, ovvero misteriosi, anormali e indecifrabili, come Jean Pierre Léaud.

Journaliste : Comment croyez-vous que le public peut accepter ce film ?

Giornalista : In che modo, crede, il pubblico accetterà questo film ?

Pasolini : Oh, je ne sais pas. Ce n'est pas mon problème, c'est le problème du producteur et du distributeur. Pour moi le public c'est toujours très intelligent, très cultivé, et il comprend tout, pour moi. Je ne peux pas penser que le public ne comprend pas.

La provocation c'est toujours superficiel. Et j'espère ne pas faire de la provocation superficielle, vous savez. J'espère déposer des problèmes, pas faire de la provocation.

Pasolini : Eh, non lo so. Non è un mio problema, è il problema del produttore e del distributore. Per me il pubblico è sempre molto intelligente, molto colto e comprende tutto, secondo me. Non posso credere al fatto che il pubblico non comprenda.

La provocazione è sempre superficiale e io spero di non fare della provocazione superficiale. Io spero di porre dei problemi, non di fare della provocazione.

 

Trascrizione di Emilie Seiler

Traduzione di Marianna Zito

da Città Pasolini https://www.facebook.com/CittaPPP/?fref=ts

La Danza Macabra di August Strinberg - scritta nel 1900 ma intrisa di una stucchevole modernità - racconta quel legame oscuro legato alle abitudini quotidiane in grado di unire e di dividere - allo stesso tempo - un uomo e una donna. Una esistenza monotona - su un’isola - che porta solo esasperazioni e rancori ma che non può svolgersi diversamente perché troppo radicata e poco tollerante verso ogni tipo di intrusione o squilibrio.            La vita noiosa e buia di Alice e Edgar - interpretati da sue straordinari Adriana Asti e Giorgio Ferrara - viene alterata dall’arrivo del flemmatico Kurt - interpretato da Giovanni Crippa - amico sottomesso che 25 anni prima galeotto fu per l’unione della stramba coppia.

I personaggi di Luca Ronconi - con dialoghi intensi e impegnativi - si rivolgono sovente al pubblico con la loro gestualità e la loro mimica in cui è concentrata un puntiglio di parodia - c’è qualcosa di beffardo nelle loro smorfie - che va ad alleggerire la fantastica e gotica scena di Marco Rossi, dove troviamo un tetro mobilio che si sposta da una parte all’altra del palcoscenico creando una angolatura sempre diversa da quella precedente, posizionato su una parete grigia provvista - all’occorrenza - di finestre.

Situazioni sataniche e vampiresche si alternano per andare a costituire quell’ambiente surreale che, in fondo di così profondamente macabro ha ben poco, finché non si rientra nell’ordine prestabilito e nella solitudine odiata e amata al tempo stesso a rimpiangere i sogni di gioventù. Fino al 22 maggio al Teatro Quirino di Roma.

Marianna Zito

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Poesie

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