“Una boccata d’aria nel mondo
ora che il treno ha fischiato”
Fabrizio Falco è seduto, solo e al buio, sul palcoscenico. È vestito di bianco e si muove lentamente, nel silenzio prima e nella musica poi. Comincia così quella che sarà una lunga e intensa partitura in tre tempi scanditi e ispirati a tre lavori pirandelliani Una giornata, L’uomo dal fiore in bocca e Il treno ha fischiato.
Il tutto prende vita attraverso un gioco di sguardi ed espressioni sensazionali e significative che portano il pubblico all’analisi dei temi fondamentali dell’esistenza, quali la vecchiaia, la morte, la malattia, l’alienazione mentale, il viaggio reale e surreale: tutto riconducibile alla crisi dell’io tanto cara a Luigi Pirandello. Il nostro personaggio - da protagonista a narratore - interroga e si rivolge direttamente al suo pubblico attraverso le parole del suo conterraneo, perdendosi e fuggendo da una realtà che non è riconosciuta più come propria o che non si è mai riconosciuta come tale. Entra (ed entriamo) spesso e inconsapevolmente in situazioni abituali fino a dimenticare “che il mondo esisteva”, fino al fischio di un treno che frastorna e scompone tutto, portando a consapevolezze nuove e differenti. Il treno diventa un simbolo di cambiamento, di fuga in grado di condurre alla ricerca di sé: il fischio del treno stura le orecchie verso il mondo. Uno studio profondo dedicato all’assenza del maestro Luca Ronconi. Un monologo delicato, suadente e intenso accompagnata dalle risposte musicali immediate e suggestive di Angelo Vitaliano che sarà in scena fino al 12 aprile al Teatro dell’Orologio di Roma.
Marianna Zito