La sala Teatro Studio Borgna dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato il concerto Mare Ignotum – La paura della paura. La performance ha avuto luogo all’interno del decimo Festival delle Scienze che si è concluso ieri nella capitale.
L’evento ha come filo narrante il tema de L’Ignoto e l’importanza del “non sapere”. L’ignoto è la sfida che da sempre caratterizza l’essere umano e la scienza ne è la maestra, attraverso la nostra ignoranza e le nostre incertezze con cui dobbiamo convivere e fare in modo che diventino uno strumento importante per ampliare la nostra conoscenza. La paura d’eccezione è la paura della paura, quindi la paura sempre esistita della morte.
I brani dei Death Speaks di David Lang – nella loro esecuzione in prima europea – fanno parlare la morte, guardano alla vita con gli occhi della morte stessa. Nelle pause tra un pezzo e l’altro, il filosofo Maurizio Ferraris, relaziona la morte al pensiero filosofico e ironizza ampiamente sui vari comportamenti che assume l’individuo dinnanzi ad essa.
Attraverso varie citazioni di grandi filosofi, scrittori, cantanti e film, ci parla delle strategie per limitare la paura di ciò che accadrà, che è un argomento in cui spesso si è cimentata la filosofia: trovare il modo con cui ognuno di noi può sconfiggerla . Mentre in passato la morte era vista come un qualcosa che veniva dall’esterno, ora è dentro di noi. Filosofare è imparare a morire.
Le strategie per sconfiggere questa paura sono tante. Da Epicuro che ci suggerisce di non pensare alla morte, ma con il risultato di creare un’ossessione a Montaigne, ossessionato in modo maniacale dall’idea della morte, che ci istruisce su come imparare a morire. A volte, come direbbe Cartesio, è solo una passione dell’animo. E qui potrebbe nascere il quesito: il marito piange la morte della moglie ma quanto sarebbe felice effettivamente se ella tornasse?
Rilevante e da custodire è il messaggio lasciatoci da Hemingway ne Le nevi del Kilimangiaro, dove il protagonista, prima di morire, parla alla moglie della morte spiegando che non ha una forma ma che occupa solo spazio. L’uomo muore felice semplicemente perché smette di avere paura della paura di morire.
Nel contempo i brani si liberano in sala intensi ed emozionanti. In You will return la morte conforta l’uomo assicurandogli un ritorno, ma alla cenere. I hear you ha alla base l’invocazione della morte e Ferraris ci pone la domanda: e se la morte rispondesse? Ma, ovviamente, la morte non risponde. In Mist is raising la morte costruisce un percorso d’amore e si mostra indulgente davanti alla vita passata dell’individuo, senza giudicarlo, mostrando così come orripilanti e terribili sono gli esseri in vita. Una morte amica che richiama il brano The End dei The doors, in cui Jim Morrison canta This is the end my only friend.
Non si può che concludere questo argomento funesto che con un sorriso. Infatti ad ampliare la nostra totale visione è l’ultima conferenza del filosofo francese Jacques Derrida, nel 2004. Egli sostiene che la paura scatena in noi meccanismi peggiori del male stesso e proprio a Derrida la morte permetterà ancora di parlare attraverso una lettera lasciata al figlio, in cui incita tutti a sorridere perché anche lui ovunque si trova lo sta facendo.
“Amici miei, vi ringrazio di essere venuti. Vi ringrazio per la possibilità della vostra amicizia. Non piangete: sorridete come vi avrei sorriso. Vi benedico. Vi amo. Vi sorrido, ovunque io sia”.
Marianna Zito
da Mozzafiato https://www.mozzafiato.info/2015/01/mare-ignotum/ 26 gennaio 2015