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PILADE AL TEATRO VASCELLO FINO AL 1 MAGGIO

30.04.2016 09:17

“la più grande attrazione di ognuno di noi è verso il passato, perché è l'unica cosa che noi conosciamo ed amiamo veramente: è il ventre di nostra madre la nostra meta.”

Il testo teatrale pasoliniano, sostenuto da una lingua meta-letteraria profondamente legata al teatro classico, è il ritratto mitico dell’inarrestabilità del potere e dell’inevitabile solitudine che segna ogni forma di diversità. Pilade è il proseguimento ideale dell’Orestea di Eschilo: utilizza gli elementi della struttura classica della tragedia greca per creare un dramma politico contemporaneo, nel caso specifico l’Italia del dopoguerra e tutti i cambiamenti che la caratterizzarono.

Daniele Salvo estrae l’idea pasoliniana senza oltrepassarla e la affida - per un lavoro teatrale - al gruppo de I SOGNATORI che attuano uno svisceramento sia fisico sia emotivo per trasmettere - a chi guarda - le sensazioni da loro assorbite dalla lettura del testo originale, con l’obiettivo di far trapelare la poesia, l’angoscia e la disperazione dell’artista friulano. Il tutto avviene su di un palcoscenico ampio - la piazza di Argo - vissuto in ogni sua parte. Il vuoto della scena è riempito solo da pochi accessori utilizzati dagli attori e da una grande croce sullo sfondo a indicare un cimitero ma allo stesso tempo a simboleggiare la morte della verità e dell’umiltà. I costumi definiscono lo stato sociale o il potere o  l’angoscia interiore dei personaggi, in alcuni casi, e la loro nudità di fronte al mondo, in altri. Il tutto è caratterizzato da un ritmo - intervallato dalle musiche di Marco Podda - che tende a creare un perfetto equilibrio su tutto lo spazio con risultati suggestivi per gli occhi del pubblico che risponde affascinato al dramma.

Gli spettatori si sentono, in tal modo, quasi partecipi di una scena in continuo movimento che si allarga anche oltre i suoi spazi. E proprio in questo palcoscenico così popolato Oreste - interpretato da Marco Imparato - nelle vesti di un intellettuale che incarna la predominanza del pensiero occidentale, fa il suo ingresso solenne ad Argo. Assolto da Atena dalle sue colpe e liberato così dalla persecuzione delle Furie egli è ora, qui, sovrano. Introduce in primis il culto della dea della Ragione - una tenebrosa Silvia Pietta che padroneggia velocemente la scena disegnando ripetuti cerchi immaginati su dei pattini a rotelle, quasi ad indicare il vortice del progresso che risucchia la società senza possibilità di scampo. Il secondo passo è istruire il popolo alla democrazia, che andrà a confluire nel potere della sola classe borghese, cittadini mai totalmente sicuri delle loro scelte e delle loro idee ma pronti a seguire e condividere il benessere e l’agiatezza e a eliminare ogni tipo di legame con il passato. Si dà il via così a un fiorente periodo di rinascita mirato al futuro: non è altro che lo specchio dell’industrializzazione dell'Italia negli anni dopo la seconda guerra mondiale. A opporsi prima e ad allearsi poi a questa strategia politica troviamo Elettra - interpretata da Selene Gandini in un groviglio magistrale di dolore e rabbia - che decide di rimanere fedele alla tirannide del passato. L'ondata di ricchezza, ovviamente, porta squilibri e a cercare di riportare Oreste alla realtà arriva Pilade -  Elio D’Alessandro - l’amico intimo di infanzia. Comincia con Pilade, ovviamente incompreso, una rivoluzione proletaria a difesa di poveri, sfruttati - un riferimento che richiama la lotta comunista - e del sacro appartenente al passato, una sorta di nostalgia del classico. Pilade scoprirà così il tradimento fraterno e verrà colto improvvisamente da una disperata e sconosciuta passione. Pilade è il riflesso dello stesso Pasolini, qui infatti sta a simboleggiare il diverso, il solo a rincorrere un’utopia. Il suo unico rifugio sono la nostalgia e la poesia che da essa deriva. Uno stato che inevitabilmente comporta una incapacità di reazione, ben visibile anche ai giorni nostri.

Le vicende si susseguono portando novità, rivoluzioni e un conseguente benessere generale legato a un falso progresso. Il risultato finale rappresenta semplicemente una sconfitta totale, seppur celata in una lieta vittoria: la solitudine di un uomo calpestato dalla ragione e dal suo sogno di una tregua tra il passato e il futuro e la rinuncia, per sfinimento, di ogni desiderio di speranza.

Fino a domenica 1 maggio al Teatro Vascello di Roma. Non mancate!

 

Marianna Zito

Immagine locandina di David Parenti

Foto di Benedetta Morbelli