Uno straordinario monologo in cui, in poco meno di un’ora, Lorena Senestro ci racconta una nuova Emma Bovary legata sì al padre Flaubert nella mise e nella trama ma distante nello spazio e nel tempo: con voce e corpo, musica e luce la Senestro - in parallelo al famoso romanzo - si racconta - tra poesia e prosa, citazioni famose e divertenti turpiloqui - da una pianura padana dei nostri giorni e in una lingua popolare piemontese che diventa comprensibile a tutti grazie agli sguardi e ai gesti dell’attrice. Madama Bovary le appartiene interamente: la tocca, la accarezza, la scuote, la afferra e può farlo solo grazie alla sua bravura e alla sua sensibilità.
Irrimediabilmente bella, vestita di bianco su di un palcoscenico vuoto dove si muove armoniosa e triste - come la ballerina di un carillon - c’è la vita di Emma Bovary: la passione, la frustrazione, la noia, il profondo egoismo e il disprezzo per il povero Charles, che immaginiamo anch’egli in scena mentre - pover’uomo - dorme, russa o mangia. Emma vive il suo mondo al di fuori della realtà, desiderosa di ricchezza, lusso ed eleganza, lo confonde e lo rovina fino alla totale miseria.
A ritmo di una musica che - come una goccia - scandisce il tempo riempiendole la vita di rimpianto, la Senestro ci mostra questa donna lasciandoci disarmati e sorpresi, pieni di una eccitata e malinconica rassegnazione.
A 4 anni dal suo debutto, possiamo e dobbiamo rivederla a Roma al Teatro dell’Orologio dove sarà in scena fino al 18 febbraio.
Marianna Zito