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La vela nera di Teseo di e con Gianni de Feo

16.04.2015 15:24

Je suis donc le fils de deux pères

                                                                                                                    l’un mortale et l’autre divin

Il buio è spezzato dal sottofondo parlato, dalla luce delle candele e dall’odore dell’incenso. Teseo è bendato e immobile al centro della scena e comincia un sirtaki che porta il pubblico a gauche et droite in una danza che riempie tutto il palcoscenico.

Lui racchiude e in lui si sviluppano tutti i personaggi, attraverso un parlato e cantato di lingue diverse ad annullare ogni tipo di frontiera, soprattutto quella dell’animo. Un racconto che ci accompagna dalla sua nascita, alle sue mille peripezie sino al labirinto per liberare Arianna dal Minotauro, un mostro in cui entrambi si fondono, che non ha passato e né futuro ma che si nutre del presente. Un Teseo esoterico e onirico -  pronto a gustare con calma tutti i piaceri della vita, attraversato dal vento in ogni sua fessura, un Teseo che non cerca la luce ma si abbandona al buio, à l’inconnu, à le silence. Una donna che reclama vendetta e possesso e un uomo che si rifiuta di liberarla per inebriarsi di quell’atmosfera lussuriosa, eterea e folle - sperma, lacrime, sangue saliva - ricca di orgasmi mentali.

Sono smarriti, quindi, in un  labirinto di piacere - che prende vita man mano sul palcoscenico -  di cui Teseo non vuole trovare l’uscita ma in cui vuole perdersi per inebriarsi e poi ritrovarsi, un movimento continuo – come un eccentrico ed etereo Carmelo Bene - alla ricerca del centro per non creare quel punto fermo che può avere il sapore di morte, per non accecarsi con la troppa luce ma per perdersi nel buio dell’oblio, nel profondo della sua vita angosciosa. È un delirio. È lo stesso Mal di Luce narrato in un carteggio dai nostri poeti Domenico Brancale e Jonny Costantino, una ricerca così vitale che ci riporta inevitabilmente al sicuro nel grembo materno. È una luce che, al momento, non assume una connotazione salvifica ma soffocante e il Velo Nero diventa, qui, la rappresentazione del libero errare nell’aria.

Una visione simbolista e meravigliosamente decadente del mito di Teseo in scena al Teatro dell’Orologio fino a domenica 19 aprile

                                                                                                                                                          Marianna Zito