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La Frida di Alessandro Prete al Teatro della Cometa di Roma

17.02.2016 17:20

I quadri della pittrice messicana Frida Kahlo si materializzano a schermo sul palcoscenico riempiendo - come sempre - gli occhi di meraviglia. L’allestimento multimediale e le fotografie di scena si susseguono coinvolgendo e abbagliando l’intero pubblico, creando un’atmosfera di luce quasi surreale all’interno del Teatro della Cometa e definendo un legame tra l’arte che si ha intenzione di mostrare e il palcoscenico. 

L’intento di Alessandro Prete, Igor Maltagliati e Luca Setaccioli - in Frida Kahlo. Il ritratto di una donna - è che ogni quadro rappresenti una scena a raccontare o denunciare una storia. Le scene si susseguono e si interrompono in modo determinato, forse anche troppo, senza un vero filo logico a unirle con le successive ma solo con un suono di gocce d’acqua a scandire lo scorrere di ognuna, del tempo e della vita. Storie di donne, di quotidianità che si ripetono dal passato al presente in modo ciclico, come il rapporto conflittuale tra madre e figlia o una violenza fisica o un tradimento. Si vuole trasmettere al pubblico l’emozione, il turbamento e l’amore di Frida Kahlo attraverso le sue tele, ma l’ambizione è troppo grande per riuscire ad avere un culmine emotivo.

Lo spettacolo intrattiene con le varie e piacevoli musiche di Stefano Mainetti accompagnate dalla una danza decisa di Giulia Barbone e dalla presenza - in più vesti - della fin troppo bella Alessia Navarro. I personaggi si susseguono - in dialoghi e monologhi - senza distinzione di sesso, a sottolineare l’uguaglianza tra l’essere uomo e l’essere donna. Ma niente che ci crei un reale contatto con la lacerazione, il dolore e la passione che hanno caratterizzato la vita della pittrice messicana. Le emozioni delle donne sono facilmente condivisibili, ma la vita di Frida Kahlo fu declinata in giovane età da un incidente troppo grave che ebbe forti ripercussioni in tutta la sua esistenza, che non le permise di diventare mai madre e che la tenne immobile in un busto di gesso per molto tempo. Non bisogna nemmeno dimenticare il doppio tradimento del marito e della sorella Cristina e nemmeno il suo essere figlia della Rivoluzione Messicana nonché attivista del Partito Comunista del suo Paese, vedi il legame con Trotsky. Toppe cose, troppa vita. La realtà di Frida è qualcosa di veramente complicato e irruento che colpisce in continuazione ed è difficilmente esprimibile nella staticità di una scena o con racconti di parole soavi di chi la rappresenta o di chi rappresenta le persone di cui si circondava.

La sofferenza di Frida è Frida stessa. Ed è lei stessa a partorire questa sua sofferenza, infatti nel quadro che apre la rappresentazione La mia nascita il volto della madre è coperto a rappresentare la sua assenza fisica e non (dato che fu dipinto subito dopo la sua morte) e, la devastazione della raffigurazione, richiama l’aborto subìto poco tempo prima dall’artista. Frida è mistica in ogni sua sfaccettatura.

La regia di Alessandro Prete ci dà, quindi la possibilità di rivedere i quadri della grande pittrice - mostrandoli a chi ignora la sua esistenza - ma senza le inquietudini che, invece, la caratterizzano. Uno spettacolo con molte risorse - al Teatro della Cometa fino al 28 febbraio - ma che ci offre una lettura lontana dalla Frida che conosciamo. Manca la poesia. L’essere Frida trapela solo dai sui dipinti, dalle sue lettere e parole. Difficilmente si può raccontare. 

 

                                                                                                    Marianna Zito