Lucrezia Lante della Rovere porta in scena al Piccolo Eliseo la storia di una donna che fu una “creatrice” dei tempi moderni, una fata verde che - forte come l’assenzio - ammaliava e allo stesso tempo distruggeva tutti quei geni che fecondava con il proprio polline: Misia Sert. Ed è proprio avvolta da un vestito verde - che mette in risalto la sua forma longilinea - in contrasto con stivali rossi e capelli mogano - che la protagonista si presenta davanti alla platea incastonata in una scenografia circolare di luci dove - su un tappeto porpora - si innalza un’immensa poltrona, a simboleggiare i salotti di fine ‘800 e inizi ‘900 - gli anni parigini del jazz, dei festini e dell’ebbrezza - dove Misia ospitava, si accompagnava e si dilettava circondata dalla sua cerchia di amici artisti e intellettuali.
Un lavoro, quello di Francesco Zecca che ci regala un forte impatto di colori armonizzato dai movimenti di Misia che abbracciano una scenografia incentrata tutta sul monologo della protagonista ma che riporta inevitabilmente verso il “salotto” senza lasciare spazio a ulteriori evoluzioni di forme: gli effetti luce la incorniciano come in un quadro ma allo stesso tempo la rendono prigioniera del proprio spazio.
Comincia da qui il testo inedito di Vittorio Cielo, liberamente tratto dall’autobiografia di Misia Sert: il monologo dei ricordi, degli oggetti e delle persone amate. Li chiama uno per uno, in primis Coco, a seguire Mallarmé, Proust, Valery, Lautrec, Debussy, Cocteau, Renoir, Picasso e altri ancora, tra una cena e un brindisi, come allora. Di ognuno di loro era Ape Regina e Musa, nella Parigi splendente dello Chat Noir.
Misia - P. A. Renoir, 1903
La musica e il silenzio costituiscono i passaggi e gli stati d’animo della protagonista: esuberante, crudele e viva, un vero e proprio delirio alla ricerca del tempo perduto o di una madre morta d’amore. Una vita vissuta sopra le righe a osservare il mondo da altre angolature, per eludere il dolore e così sopravvivergli, per escludere gli altri prima di esserne trafitti.
Figlia d’arte, tre matrimonio ma solo un unico vero amore José María Sert, che le regalò immensa gioia e sofferenza,che accompagnò fino alla decadenza questa donna che non faceva arte ma vi partecipava costantemente, rendendo la propria stessa vita "l'opera d'arte". Per sempre viva per sempre morta.
Dopo una prima emozionante ed applaudita Io sono Misia – l’Ape Regina dei Geni replicherà al Piccolo Eliseo di Roma fino al 13 novembre. Un’occasione da non perdere per conoscere la vita della donna più ritratta di ogni tempo e ispirazione per molte opere letterarie.
Marianna Zito