È il momento di Edipo al Teatro Eliseo di Roma. L’Edipo Re e l’Edipo a Colono di Sofocle vengono rispettivamente portati in scena, nella stessa serata, dalla Compagnia Mauri-Sturno con due regie appartenenti a due differenti generazioni e con una diversa concezione di teatro: Andrea Baracco e Glauco Mauri.
Due opere - l’una conseguente all’altra - che vedono, nella prima, Roberto Sturno nelle vesti di Edipo mentre l’anziano Edipo - ormai cieco - nella seconda è interpretato dallo stesso Glauco Mauri che, invece, nella regia di Baracco parla al pubblico con la bocca di Tiresia: una cecità che accompagnerà, quindi, l’attore, in entrambe le rappresentazioni.
Andrea Baracco ci porta davanti a una scenografia unica e compatta - composta da esterni e interni immaginati - che muta notevolmente grazie alle proiezioni di luci e immagini che si aprono e chiudono sullo sfondo - e che permettono alla scena di abbandonare il buio su cui è stata costruita. Ai piedi dei personaggi una pozza d’acqua, elemento di purificazione e di transizione che rappresenta ora la vita - come nascita, entità unica, primordiale ed eterna - ora la morte - come epilogo di molte tragedie e distruzioni. Un'acqua che spazza via i corpi della peste - bambole fatte corpi - tra cui Antigone e Ismene: non è la prima volta che una figura senza anima compare nel lavoro di Baracco. Elemento costante in tutta la tragedia è una carrozzina che - assieme agli abiti dei protagonisti - ci riporta in tempi più moderni, e che rappresenta un chiaro riferimento all’Edipo pasoliniano del 1967.
Scena dal film Edipo Re di Pier Paolo Pasolini, 1967
Ivan Alovisio è unico e solo a osservare e a dar voce a un coro di uomini e accanto a un Edipo che deve affrontare la sua rabbia nevrotica, che qui va quasi a sopraffare il dolore, troviamo una provocante Elena Arvigo nel ruolo di Giocasta e un superbo Roberto Manzi nell’abito di Creonte; mentre sulla scena si muovono altre figure sempre in vesti moderne che sembrano quasi un abbellimento inutile della scena stessa, così come altri accorgimenti di ispirazione attuale. L’immagine finale è una danza che piano piano sfuma la storia fino alla fine di questo amore inconsapevolmente incestuoso.
La vita del misero, ormai vecchio e cieco, Edipo continua con Glauco Mauri che riporta in scena il suo Edipo a Colono in una scenografia minima, bianca e luminosa fatta di cubi sovrapposti - dimora delle Erinni - e di corpi nelle tipiche vesti della tragedia classica. Avviene qui il riscatto spirituale di Edipo rispetto agli avvenimenti precedenti, attraverso dialoghi che assumono la lunghezza di lenti monologhi che appesantiscono il tutto, risollevato dalla magnifica interpretazione dello stesso Mauri. I personaggi fanno il loro ingresso scoprendo i loro volti, rivelandosi al pubblico quasi di sorpresa, tra loro anche Antigone e Ismene che - in questa seconda parte - assumono sembianze umane.
La presenza degli stessi attori in ruolo differente fa sì che le due messinscena mantengano una continuità nella storia, così come appunto accade negli originari testi di Sofocle. Un appuntamento veramente interessante e da non perdere, al Teatro Eliseo di Roma fino al 12 febbraio.
Marianna Zito
foto di Manuela Zito