La Danza Macabra di August Strinberg - scritta nel 1900 ma intrisa di una stucchevole modernità - racconta quel legame oscuro legato alle abitudini quotidiane in grado di unire e di dividere - allo stesso tempo - un uomo e una donna. Una esistenza monotona - su un’isola - che porta solo esasperazioni e rancori ma che non può svolgersi diversamente perché troppo radicata e poco tollerante verso ogni tipo di intrusione o squilibrio. La vita noiosa e buia di Alice e Edgar - interpretati da sue straordinari Adriana Asti e Giorgio Ferrara - viene alterata dall’arrivo del flemmatico Kurt - interpretato da Giovanni Crippa - amico sottomesso che 25 anni prima galeotto fu per l’unione della stramba coppia.
I personaggi di Luca Ronconi - con dialoghi intensi e impegnativi - si rivolgono sovente al pubblico con la loro gestualità e la loro mimica in cui è concentrata un puntiglio di parodia - c’è qualcosa di beffardo nelle loro smorfie - che va ad alleggerire la fantastica e gotica scena di Marco Rossi, dove troviamo un tetro mobilio che si sposta da una parte all’altra del palcoscenico creando una angolatura sempre diversa da quella precedente, posizionato su una parete grigia provvista - all’occorrenza - di finestre.
Situazioni sataniche e vampiresche si alternano per andare a costituire quell’ambiente surreale che, in fondo di così profondamente macabro ha ben poco, finché non si rientra nell’ordine prestabilito e nella solitudine odiata e amata al tempo stesso a rimpiangere i sogni di gioventù. Fino al 22 maggio al Teatro Quirino di Roma.
Marianna Zito