Chi butteresti dalla torre? Ecco l’interrogativo, la domanda, l’angoscia che puntualmente piomba nella vita nel momento in cui viene richiesta una scelta. Ancor peggio se a questa scelta segue una sentenza di morte: chiedere di scegliere la morte di uno o dell’altro genitore, a un figlio. A due, in questo caso.
Il dramma di Filippo Gili si apre su un ampio palcoscenico dove troviamo tutte le componenti per le varie scene: una tavola apparecchiata e pronta all’uso, l’intimità di un divano, la scrivania di uno studio medico. Al Teatro dell’Orologio – con la regia di Francesco Frangipane - la scena si svolge a 360 gradi e il pubblico può partecipare scegliendo l’angolatura che preferisce. Ogni posto ha l’inquadratura e una vicinanza maggiore ad un preciso tormento.
I quattro personaggi riempiono tutto lo spazio spostandosi da una scena all’altra grazie agli effetti delle luci e al buio. Buio che crea suspense e inquietudine in chi guarda. La normale e giocosa vita familiare si fa da parte all’arrivo di una malattia inaspettata. E qui la scelta: aspettare che si compia il destino o fare appello al libero arbitrio? Come rispettare la vita altrui davanti a un processo certo di morte? Come vivere, poi, le conseguenze di questa scelta?
La scrittura di Gili è cruda e diretta. Le parole dei suoi personaggi arrivano dritte all’animo della spettatore lasciandolo confuso, pensieroso. Sempre con una domanda a cui cercare una risposta. L’analisi sul binomio vita/morte è netta, l’una sconvolge l’altra e viceversa. Gili crea scompiglio nell’animo, difficile liberarsene e – una volta toccato – difficile farne a meno.
Teatro dell’Orologio di Roma
dal 16 al 21 febbraio
dal martedì al sabato ore 21.30 – domenica ore 18.30
Marianna Zito
Foto di Manuela Giusto